Puglia, 12 Luglio 2016

Il disastro di ieri mi ha sconvolta.

Ieri notte ho appreso che tra le vittime dell’incidente ferroviario c’era una vecchia collega di studi che però io non ho mai conosciuto. Una ragazza di 25 anni che avrebbe dovuto sposarsi tra due mesi. Una ragazza come me, che come me ha percorso quei corridoi, che come me ha studiato su quei libri, che come me ha nutrito ansia e paura prima di un esame con lo stesso professore. Non ci accomunava altro che questo.

Nonostante ciò, ho trascorso l’intera giornata con un profondo turbamento interiore. Un disagio che mi mangia dall’interno e che si diffonde come un cancro.

Ho pensato a quanto è facile non esserci più all’improvviso.

Una mattina ti svegli, prendi un treno e smetti di vivere.

E’ terrificante.

Quella ragazza avrei potuto essere io, avrebbe potuto essere il mio fidanzato, avrebbe potuto essere la mia famiglia. Io tremo.

E per questo, mentre scrivo, piango. Piango per il suo fidanzato, che a due mesi dal matrimonio è rimasto senza una moglie. Immagino la sua vita e quanto questa storia influenzerà il suo futuro.

Piango per i suoi genitori. Mia madre spesso mi dice ”un genitore non dovrebbe mai sopravvivere ai suoi figli”.

Piango per la mia Puglia. La mia bellissima, fortissima Puglia. Lacrime e fierezza perchè tutti hanno abbandonato ciò che stavano facendo per correre in ospedale e donare sangue e perchè i soccorsi sono stati lampanti ed efficienti.

E poi ripenso. La vita delle persone che hanno perso i loro parenti e i loro amici su quei treni è cambiata. Dover realizzare che le persone che ami ad un certo punto non ci sono più è un avvenimento tanto brutto quanto lo è la morte stessa.

Mi sconvolge pensare che io oggi posso continuare a camminare in quei corridoi mentre quella ragazza non lo farà mai più.  Quando una tragedia accade ad una persona che in qualche modo ha incrociato il tuo destino, ti rendi conto che una parte di te sembra viaggiare e posarsi lì, vicino al suo corpo senza vita, incredula per il fatto che lei non c’è più.

Rimango in silenzio, tormentandomi il labbro con le dita e fissando incantata il vuoto. Mi sento fortunata. Perchè respiro, perchè sorrido, perchè piango.

Sono grata perchè posso svegliarmi la mattina, rimboccarmi le maniche al lavoro, tornare a casa, chiacchierare con la mia coinquilina, addormentarmi tra le braccia del mio fidanzato. Sono grata perchè oggi sono viva.

Leggo con insolita apatia i post di chi insulta il sistema, di chi se la prende con il leghista di turno che ha gioito della morte di qualche terrone, di chi si lamenta del sistema ferroviario al sud senza aver mai preso uno di quei treni.

Penso che in queste tragedie dovremmo tacere. E riflettere.

Riflettere sulla morte, sulla vita. Riflettere sulla fugacità dei momenti e sulla fortuna di poterli toccare. Ringraziare di avere aria nei polmoni. Ringraziare di avere ancora un’occasione.

Un’occasione. Un’occasione per perdonare, per chiedere scusa, per sistemare le cose, per sposarsi, per trovare l’amore, per trovare un amico, per fare un figlio, per trovare un lavoro, per ritrovare le cose perse e per fare delle scoperte. Per aiutare chi sta soffrendo.

In queste tragiche vicende, a noi insignificanti esseri umani non resta che stringerci forte e unirci al dolore di chi soffre. E non pregare. Ma amare. Insieme. Perchè nella morte siamo tutti uguali. Noi siamo tutti uguali nel dolore. E in questo dobbiamo essere uniti.

Uniti con la vita e con l’amore nel cuore.

Perchè è vero che forte come la morte è l’amore.

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